Credo
Un leggero stato di tensione ha accompagnato questo secondo appuntamento dell’atelier di scrittura. Per raggiungere la biblioteca ho fatto un lungo giro, una strada secondaria che mi ha portato a deviare il tragitto, a raggiungere il torrente della Limentra dove ho cercato di rimettere un po’ in ordine i pensieri. Il primo incontro è stato una sorpresa, la curiosità e il lasciarsi andare dei partecipanti per certi tratti mi ha un po’ spiazzato. Prima dell’avvio dell’iniziativa, avevo scelto una serie di testi classici che spesso si utilizzano negli atelier Bing, ma proprio a due ore dall’incontro mi sono accorto che quella scelta non si addiceva al contesto.
La scorsa volta come attività rompighiaccio avevo chiesto ai partecipanti di presentarsi partendo da una parola scritta su cartocini colorati. Ho ripreso così in mano quei cartocini, li ho letti, li ammucchiati uno sopra l’altro, ho cercato di trovare un filo che collegasse quelle parole. Ho scorso i testi che porto sempre con me nella borsa di cotone e ho deciso che forse quello più adeguato era “Credo” di Angela Mastretta, che con Lisa Bentini alcuni anni orsono avevamo deciso di inserire all’interno della antologia “Leggere per scrivere”.
Con un’idea più forte in testa, ho ripreso la macchina e mi sono diretto nell’accogliente biblioteca di Vergato. Dopo una breve attività a coppie per prendere confidenza con l’altro, per riconoscersi, è iniziato il laboratorio vero e proprio, articolato nei tre classici momenti:
- lettura ad alta voce, da parte mia del testo di Mastretta che Alessandra, una partecipante, ha definito “una preghiera laica e prosaica”,
- l’attività di scrittura vera e propria, svolta entro un tempo stabilito;
- la lettura volontaria ad alta voce degli scritti, il momento più coinvolgente dove il singolo attraverso la scrittura può ritrovarsi, prima o poi, a riflettere su alcuni nodi della propria esistenza o, più semplicemente, a cogliere un attimo, una sensazione, talvolta taciuta o rimossa.
Nel prossimo post riporterò alcuni frammenti di quelle produzioni autobiografiche.
Al termine l’applauso liberatorio, la sala che si svuota, i capanelli dentro e fuori la biblioteca per scambiarsi sensazioni, consigli di lettura, piccole chiacchiere.